Un viaggio nella storia del commerciante di bestiame

Fra i mestieri più antichi del mondo, sicuramente posto di rilievo lo ricopre il “commerciante di bestiame”. Di fatto, da quando l’uomo ha scoperto la possibilità di allevare in cattività le specie in grado di fornirgli utilità (carne, latte, pelli o lana) e si è progressivamente sviluppato un sistema che prevedeva inizialmente la forma del baratto (utilizzando le materie prime come merce di scambio) e – successivamente all’inserimento delle valute – lo scambio di animali contro moneta, al fine di ottimizzare (come in tutti gli altri settori) l’incontro fra la domanda e l’offerta.

Il sistema più evoluto tra commercianti di bestiame

In un sistema così più evoluto, sono nate delle figure “intermedie”, che si ponevano fra venditori e compratori, con lo scopo principale di fornire una serie di servizi in grado di ottimizzare il processo di scambio; all’atto pratico queste figure (i commercianti di bestiame e i mediatori – emanazione questi ultimi della prima categoria) erano in grado di garantire:

  1. una trasformazione quantitativa della merce. In soldoni, se Tizio aveva bisogno 20 animali, che si potevano reperire in 10 stalle diverse (mediamente ipotizziamo 2 per stalla), egli non aveva né il tempo né i contatti per andare nelle singole aziende: per questo si riferiva al commerciante che, tramite la sua rete di contatti abituali, era in grado di fornire il pacchetto completo dei 20 capi desiderati;
  2. una pronta disponibilità della merce richiesta dal potenziale acquirente, grazie alla propria rete di contatti e di conoscenze;
  3. una ottimale collocazione della merce in esubero che l’allevatore aveva necessità di vendere;
  4. l’organizzazione dei trasferimenti degli animali;
  5. una competenza data dalle maggiori casistiche che inevitabilmente il commerciante affrontava nel quotidiano, consistendo esso nella costante visita a stalle diverse al fine di compravendere bovini;
  6. ultimo, ma non meno importante, una dilazione nei pagamenti in caso di forniture, i cui pagamenti spesso avvenivano tramite compensazione con gli animali scartati dall’allevatore, piuttosto che mediante sistemi di pagamento tradizionali ma a scadenze “mobili”.

L’evoluzione dei mercati e dei sistemi di comunicazione

Con il passare del tempo e l’evoluzione delle tecnologie e dei sistemi di comunicazione, questo intricato e pittoresco mondo di scambi, governato per la maggior parte da usi e consuetudini che variavano da zona a zona, è mutato nella forma; certe figure intermedie sono quasi sparite (vedi i mediatori di bestiame), soppresse dalla maggior facilità di accorciare le distanze fra venditore e compratore. Allo stesso modo è finita l’epopea dei mercati, sia “di parole” che “di merci”.

I primi si svolgevano nelle principali piazze dei paesi o delle città (in questo caso nella sede della locale Camera di Commercio) in giorni prestabiliti, e di fatto erano il punto di ritrovo fra venditori e compratori, con i primi che informavano i secondi della disponibilità di merce in vendita, contrattavano affari già avviati al fine di concluderli (spesso con l’intervento dei già citati mediatori) e infine approfittavano del mercato per riscuotere quanto dovuto da passati ritiri non ancora regolati. La partecipazione a questi mercati non era per forza vincolata a una compravendita da iniziare o concludere infine piuttosto l’occasione per tenersi aggiornati sulle tendenze dei mercati (del bestiame, dei prodotti agricoli ecc.), essendo di fatto il “mercato” spesso l’unico trait d’union fra gli allevatori e il resto del mondo.

I secondi – i mercati bestiame per l’appunto – avevano luogo in specifiche aree attrezzate, e in determinate piazze, in modo da ottimizzare geograficamente la distribuzione degli animali. I commercianti – concessionari di una specifica “posta” consistente in tot metri di barriera per esporre i bovini – portavano settimanalmente la merce che desideravano vendere tramite quella modalità. I compratori, macellatori, macellai, e chiunque fosse interessato, confluivano sui mercati spesso da tutte le parti di Italia, per rifornirsi di animali; le contrattazioni avevano luogo a partire da un orario prestabilito, spesso sancito dal suono di una sirena, ed era uso – una volta concluso l’affare – che l’acquirente marcasse l’animale o con un gesso (vergando il proprio logo distintivo), o con apposite forbici, “ricamando” lo stesso logo sul pelo del bovino.

Finite le contrattazioni era abitudine  recarsi nelle palazzine apposite per regolare i conti e predisporre la documentazione di vendita, fra un caffè, una colazione o un pasto più o meno frugale nei ristoranti che non potevano mancare.

Oltre il mercato del bestiame

I mercati bestiame erano vere e proprie scuole di vita per i giovani che si approcciavano alla professione, nonché uno spaccato del mondo esterno, con tutte le sue contraddizioni; c’era posto per il galantuomo, così come per il venditore svelto di mano, che tentava con trucchi e inganni di “rubare sulla pesa”, ovvero maggiorare il peso del capo che stava vendendo. Ne nascevano spesso discussioni colorite e accese, sotto gli occhi di mediatori, addetti, curiosi, paratori (coloro che aiutavano nella movimentazione del bestiame) e lavatori (gli addetti – dietro compenso – a lavare gli animali prima della apertura per farli apparire più appetibili). Insomma, ci si trovava in uno zibaldone vociante e fumante, dove ognuno giocava la sua parte, in un modo o nell’altro, e dove essere svelti d’occhi era una condizione fondamentale per non rimanere scottati.

Con il passare del tempo, la necessità di ottimizzare le operazioni (giova ricordare che i bovini che venivano condotti al mercato non necessariamente venivano venduti; a volte – in caso di situazioni di mercato sfavorevoli – il potenziale venditore non riusciva a concludere la trattativa e doveva riportare a casa gli animali, per riproporli la settimana seguente), una maggiore condivisione delle informazioni grazie alle nuove tecnologie e un più facile accesso a esse, hanno portato i mercati a perdere di utilità pratica, e a essere una consuetudine lenta, farraginosa e quindi antieconomica.

Nonostante ciò, il ruolo del commerciante di bestiame non ha esaurito la sua utilità all’interno della filiera zootecnica, anzi, la maggior complessità dei mercati ora più volatili e meno stabili, la riduzione delle distanze e l’apertura pressoché totale ai mercati esteri, la maggior consapevolezza e alfabetizzazione degli allevatori e l’aumento esponenziale della dimensione media degli allevamenti, hanno rafforzato le 6 principali funzioni che sopra abbiamo indicato.

Chi è il commerciante di bestiame moderno

Ovviamente il commerciante moderno è una versione corretta e riveduta della figura tradizionale con il bastone e il tabarro; è in grado di muoversi sui mercati internazionali ed ha credibilità presso i partner esteri, si muove secondo stringenti leggi di efficienza, è digitalmente alfabetizzato, fa della cultura in ambito zootecnico una delle sue armi di forza per dialogare in modo efficace con gli allevatori moderni.

È un imprenditore a 360 gradi, che conosce i principali strumenti di controllo di gestione e il funzionamento del mondo finanziario; si pone quindi non più di fronte all’allevatore, ma piuttosto di fianco, con un ruolo sì di fornitore, ma anche di consulente qualificato.

Il commerciante di bestiame dei giorni nostri è un uomo a cui scappa un sorriso malinconico ripensando al lato romantico dei tempi passati, ma evolvendo da quelle stesse radici ben solide è pronto ad affrontare il mondo in perenne cambiamento.

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