Uno dei nodi più spinosi quando si parla di allevamenti e vendita di mucche da latte (o di animali più in generale), è senza dubbio rappresentato da quello che si definisce “ricambio generazionale”.
Il coinvolgimento di giovani leve nel settore delle vacche da latte rappresenta di fatto un veicolo per la trasmissione della cultura, oltre che – come è ovvio – la garanzia di sopravvivenza, prosperità e crescita del comparto zootecnico.
La sempre crescente alfabetizzazione, sia digitale che culturale in genere, degli imprenditori più giovani, agevola il cambiamento e l’adozione di nuove tecnologie in azienda, permettendo di raggiungere standard di efficienza più elevati e una più facile integrazione del settore nelle dinamiche socio-culturali di ogni paese.
Purtroppo, però, i numeri non sono di grande conforto in tal senso, e ancora oggi la zootecnia da latte soffre di una età media dei titolari di aziende troppo sbilanciata verso generazioni più “mature”.
Vedremo insieme in questo approfondimento quali sono i dati più aggiornati sull’età media dei titolari di aziende di allevamento bestiame in Italia e quali sfide stanno affrontando i giovani che desiderano avviare o rilevare un’impresa nel settore della vendita di mucche da latte.
Dati ISTAT: età dei titolari nelle aziende di vendita mucche da latte
Per avere una base di valutazione del problema il più precisa possibile, abbiamo chiesto all’ISTAT – Istituto Nazionale di Statistica di realizzare un report su misura, che – partendo dall’ultimo censimento dell’agricoltura – restituisse regione per regione il numero di titolari di aziende bovine specializzate con orientamento latte (OTE 45) divise per classi di età. Il risultato si può vedere nella tabella seguente:
| Regione | <35 | 35-44 | 45-54 | 55-64 | >=65 | Totale |
|---|---|---|---|---|---|---|
| Piemonte | 148 | 209 | 372 | 439 | 292 | 1460 |
| Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste | 85 | 111 | 166 | 155 | 120 | 637 |
| Lombardia | 318 | 636 | 1143 | 1468 | 1154 | 4719 |
| Veneto | 206 | 311 | 507 | 708 | 481 | 2213 |
| Friuli-Venezia Giulia | 46 | 68 | 124 | 176 | 123 | 537 |
| Liguria | 12 | 22 | 41 | 25 | 33 | 133 |
| Emilia-Romagna | 216 | 281 | 606 | 795 | 562 | 2460 |
| Toscana | 12 | 24 | 38 | 61 | 35 | 170 |
| Umbria | 10 | 21 | 25 | 38 | 38 | 132 |
| Marche | 7 | 7 | 17 | 18 | 21 | 70 |
| Lazio | 93 | 194 | 295 | 360 | 251 | 1193 |
| Abruzzo | 33 | 46 | 78 | 114 | 72 | 343 |
| Molise | 22 | 62 | 109 | 144 | 84 | 421 |
| Campania | 201 | 338 | 476 | 510 | 318 | 1843 |
| Puglia | 67 | 154 | 314 | 344 | 200 | 1079 |
| Basilicata | 29 | 46 | 61 | 49 | 31 | 216 |
| Calabria | 21 | 52 | 84 | 100 | 102 | 359 |
| Sicilia | 88 | 167 | 271 | 263 | 202 | 991 |
| Sardegna | 56 | 89 | 143 | 123 | 148 | 559 |
| Bolzano/Bozen | 300 | 741 | 1302 | 1260 | 742 | 4345 |
| Trento | 95 | 123 | 176 | 197 | 119 | 710 |
| Italia | 2065 | 3702 | 6348 | 7347 | 5128 | 24590 |
| Valori percentuali | 8,40% | 15,05% | 25,82% | 29,88% | 20,85% | 100,00% |
* Censimento agricoltura 2020: aziende bovine specializzate – orientamento latte per classi di età del capo azienda.
Considerazioni sui dati e stime sull’età titolari di aziende zootecniche
Dopo l’analisi dei dati appena condivisi, per offrire un colpo d’occhio più immediato sull’andamento delle aziende di allevamento bestiame da latte in Italia, abbiamo rappresentato graficamente i principali dati nazionali come segue:
La prima considerazione che viene spontanea è che oltre la metà delle aziende di vacche da latte in vendita e altri animali sono guidate da imprenditori compresi nella fascia dai 45 ai 65 anni, mentre gli under 45 rappresentano meno di un quarto dei titolari di aziende zootecniche a vocazione lattiero- casearia. Inoltre, se andiamo poi a considerare i titolari al di sotto dei 35 anni, essi incidono per poco più dell’8% del totale.
In assenza di dati aggregati di riferimento (a parte quelli da noi richiesti), le stime che abbiamo reperito riguardo alle aziende agricole di ogni specializzazione gestite da titolari con meno di 40 anni, parlano di un 7,5% in Italia, contro una stima UE del 12%.
È lecito quindi aspettarsi – per meri motivi statistici – che anche a livello di aziende zootecniche ad orientamento latte, la quota relativa italiana sia sotto media UE. E questo è un problema a nostro avviso, sia per la sopravvivenza che per lo sviluppo di un comparto così importante per l’economia in generale.
Perché i giovani non si avvicinano alla zootecnia da latte?
Ma come mai i giovani – ed in particolare i giovani italiani – tendono a non avvicinarsi alla zootecnia da latte? Questa domanda non ha purtroppo una risposta univoca, ma dipende da una serie di fattori.
Uno di questi – che viene indicato con maggior frequenza – è l’elevato capitale necessario per l’avvio di una azienda zootecnica.
In effetti, è da considerare che per avviare un’azienda di azienda di allevamento bestiame con vendita di mucche da latte e altri animali è necessario affrontare:
- i costi di impianto di una stalla attrezzata a norma (con sala di mungitura, vasche per raccolta reflui, impiantistica generale e molto altro);
- i costi di realizzazione di tutte le strutture connesse (trincee per gli insilati, ricoveri per attrezzi e foraggi);
- i costi per l’acquisto di una mandria di bovine da latte;
- i costi per l’acquisto delle attrezzature agricole necessarie alla gestione dell’azienda e alle lavorazioni dei terreni (pur pensando di minimizzare queste ricorrendo a lavorazioni conto terzi);
- i costi e le difficoltà nel reperire i terreni da acquistare o affittare;
- i costi amministrativi, di progettazione, di consulenza e altro correlati a tutta l’attività.
Da questo elenco sui costi, risulta evidente che la dotazione di capitale richiesta è a dir poco proibitiva, soprattutto se pensiamo ad un giovane imprenditore che decide di affrontare per la prima volta questa avventura.
Un secondo fattore è da individuare nella difficoltà di accesso al credito e la scarsa disponibilità di strumenti deputati ad agevolare il primo insediamento (bandi PSR, garanzie e prodotti finanziari derivati ISMEA) possa essere facilmente bypassata.
L’accesso al credito notoriamente si basa su due pilastri granitici: dimostrare di aver gestito con profitto e lungimiranza una azienda nei periodi passati (visione retrospettiva) e pianificare con metodo, competenza e cautela le strategie aziendali da intraprendere nel futuro (visione prospettica).
Le due componenti – retrospettiva e prospettica – solitamente entrano con pesi diversi nel processo di valutazione del merito di credito, in quanto la prima si basa su dati certi ed acquisiti, mentre la seconda porta con sé i limiti di tutto ciò che è legato alla incertezza del futuro, per definizione stessa dello stesso.
Per cui, un giovane imprenditore, senza una storicità nella gestione di una azienda zootecnica, per quanto abbia ottime idee e la cultura e la capacità imprenditoriale per farle crescere con profitto, difficilmente troverà sostegno dal sistema; ed anche le garanzie spesso spese dai Confidi, da Istituti come ISMEA o da altre istituzioni, sovente non riescono a cambiare il corso degli eventi.
Mercato del latte: margini ridotti e volatilità crescente
Oltre ai due aspetti principali appena analizzati, è fondamentale tenere conto anche di altri elementi decisivi, come la progressiva riduzione della marginalità e la crescente volatilità del mercato del latte.
Questi fattori hanno reso sempre più lontane le storie di successo tipiche del secondo dopoguerra e degli anni Ottanta, quando avviare un’azienda di allevamento bestiame da latte era un percorso difficile ma ancora sostenibile per molti giovani imprenditori.
Spesso i giovani che lavoravano come dipendenti in aziende zootecniche decidevano, dopo un periodo di formazione sul campo, di mettersi in proprio. Con coraggio, determinazione e il sostegno della famiglia – spesso fianco a fianco con la moglie – affittavano un piccolo podere e, grazie a un lavoro instancabile e a tanta forza di volontà, riuscivano nel tempo ad acquistarlo e farlo crescere. Anni di impegno e sacrifici si traducevano così in un risultato concreto: la soddisfazione, profonda e meritata, di essere riusciti a costruire la propria azienda di allevamento bestiame da latte.
Alle condizioni attuali, oggi storie del genere non sono purtroppo assolutamente ripetibili: troppo bassi i margini e troppo alti gli investimenti necessari.
Il passaggio generazionale nelle aziende zootecniche italiane
È ormai evidente che i fattori economici e strutturali citati in precedenza, pur rilevanti, non bastano da soli a spiegare la scarsa presenza di giovani nella zootecnia da latte. Il problema della “disaffezione verso le stalle” va quindi letto in modo più profondo, alla luce di dinamiche culturali, gestionali e familiari che incidono in modo determinante sul ricambio generazionale.
Va infatti premesso che oggi è raro che un giovane decida di avviare da zero un’azienda di allevamento bestiame, per i motivi che sopra abbiamo indicato: nella maggior parte dei casi, i nuovi titolari provengono da famiglie già attive nel settore e subentrano attraverso un passaggio generazionale.
Eppure, anche in questo contesto, il ricambio è lento e complesso. Ma quali sono, concretamente, gli ostacoli che rendono così difficile un inserimento rapido ed efficace delle nuove leve nelle aziende zootecniche italiane?
- Passaggi generazionali non pianificati in anticipo: a differenza di quello che succede in altri paesi europei, in Italia esiste ancora una forma di gestione patriarcale, che generalmente non porta il capo azienda a pianificare il suo pensionamento, per rimanere di fatto al timone fino a quando le forze glielo permettono. Ovviamente questa tendenza è in calo, ma si rileva ancora con una frequenza non trascurabile;
- Poco coinvolgimento nella gestione amministrativa e finanziaria: molto spesso i giovani vengono inseriti nelle aziende zootecniche con compiti – anche di grande responsabilità – ma limitatamente agli aspetti tecnici della gestione della mandria e della produzione in generale. La parte finanziaria ed amministrativa rimangono ad appannaggio dei “senior”, che non li coinvolgono nelle decisioni;
- Poca comprensione della struttura economico-finanziaria dell’azienda: ricollegandosi al punto precedente, la struttura fiscale italiana prevede, per la maggior parte delle aziende agricole in generale, un regime forfettario, sollevando le stesse da vari obblighi, primo fra tutti la redazione di un bilancio di esercizio. Questo aspetto – per quanto conveniente per la maggior parte delle imprese – costituisce a nostro parere una barriera chi si frappone fra il giovane e la comprensione chiara e trasparente della struttura economico-finanziaria-patrimoniale dell’azienda stessa, scoraggiandolo ad approfondire;
- Accelerazione tecnologica: lo sviluppo di nuovi strumenti tecnologici e di precision-farming, è causa a volte della nascita di muri comunicativi fra nuove e vecchie generazioni, che hanno diversi livelli di alfabetizzazione digitale e faticano a convergere verso decisioni unanimi, sia in termini operativi che strategici;
- Scarso appeal della figura dell’allevatore: in qualche misura – specie nel sentiment comune – la figura dell’allevatore gode di scarso appeal. Complice una percezione ancora legata a stereotipi del passato, questo mestiere viene spesso associato a orari di lavoro estenuanti, condizioni ambientali difficili, impegno fisico elevato e retribuzioni modeste, oltre all’idea – altrettanto fuorviante – di operare in contesti poco igienici o a stretto contatto con gli animali in modo faticoso e poco gratificante;
- Comunicazione sui social fuorviante: la comunicazione spesso filtrata dai social e dai nuovi canali ad uso e consumo delle generazioni più giovani, non perdono poi occasione per dipingere l’allevatore come uno sfruttatore senza scrupoli di esseri senzienti, disposto a calpestare ogni più basilare principio morale nel nome del dio denaro.
Superare gli stereotipi: la figura dell’allevatore giovani oggi
Chi lavora nel settore sa molto bene quanto ogni voce dell’elenco del precedente paragrafo sia, come minimo, poco rispondente al vero; il lavoro dell’allevatore è un’occupazione che richiede serietà, passione, vocazione e preparazione.
Si tratta di un’ attività imprenditoriale che ha segnato l’evoluzione della civiltà, dalla notte dei tempi fino ad arrivare ai giorni d’oggi. È carica di fascino, di aspetti etici e morali.
Inoltre, è una professione che richiede una competenza profonda, che non si costruisce solo sui libri ma attraverso l’esperienza diretta, il contatto quotidiano e la relazione con gli animali. Oggi più che mai, la tecnologia e la capacità di applicarla in modo consapevole e strategico rappresentano un elemento chiave per garantire efficienza, sostenibilità e successo a un’azienda di allevamento di vacche da latte moderna.
A nostro avviso, la sfida più importante – e al tempo stesso più complessa – per avvicinare le nuove generazioni al mondo della zootecnia consiste nel saper comunicare con chiarezza e autenticità il valore reale di questo settore.
Occorre raccontare la bellezza e la complessità dell’azienda di allevamento di bestiame da latte, entrando nelle scuole, nelle università e nelle famiglie con un linguaggio diretto e trasparente. Non si tratta di nascondere le difficoltà, ma di mostrare come questo mestiere possa essere gestito con competenza e innovazione, e quanto possa risultare gratificante – umanamente e professionalmente – essere oggi un allevatore moderno e consapevole.
Se vuoi scoprire più da vicino il nostro lavoro, conoscere le razze bovine più performanti o approfondire le principali tematiche legate alla zootecnia moderna:
Oppure Contattaci per ricevere più informazioni sulla nostra azienda di commercializzazione di bestiame bovino.
