Cos’è e come si contrae il batterio antrace?
L’antrace, nota anche come carbonchio, è un’infezione batterica molto rara ma grave, provocata dal Bacillus Anthracis. Si tratta di una malattia endemica che colpisce principalmente animali erbivori selvatici o domestici, quali bovini, pecore, cavalle, capre e suini, ma può essere trasmessa anche all’uomo per esposizione ad animali infetti.
Prima di parlare in maniera approfondita di questa malattia antropozoica, vediamo di comprendere meglio la gravità della stessa e le procedure necessarie nel caso in cui venga individuato un esemplare infetto, leggendo un estratto del volume “Cavalli otto, uomini quaranta. La vita e le idee di un veterinario fra gli uomini” di Giovanni Sali, medico veterinario dal 1952.
“ALLARME! C’È L’ANTRACE IN GOLENA ALL’AZIENDA GERRA”
Ero in servizio da pochi mesi, disponibile ventiquattr’ore su ventiquattro, nella mia nuova grande condotta veterinaria di pianura (nell’ansa fertile del Grande Fiume) alle porte di Piacenza, dopo i quattro anni di gavetta, nella condotta di montagna sull’Appennino emiliano ligure. Alle cinque di mattina, di una primavera inoltrata, ricevetti una telefonata urgente. Mi telefonava Pierino, il vecchio ed esperto macellaio di Sant’Imento, incaricato ufficialmente dal Comune per il servizio di Bassa Macelleria.14
“Dottore, venga, ma faccia presto, temo che abbiamo un caso di carbonchio.”15 Anzitutto ricordo la mia meraviglia per la diagnosi di sospetto di una gravissima malattia infettiva, oramai rara e da me mai incontrata e diagnosticata nel primo lustro di professione (diagnosi per giunta formulata da un empirico come il vecchio Pierino). Accorsi ovviamente d’urgenza a ispezionare la carcassa della bovina, che nel frattempo era stata trasportata con un carro agricolo, non senza rischi di diffusione di contagio ambientale, dall’azienda di provenienza, la Gerra, al macello privato di Sant’Imento. Effettivamente, oltre a uno stato di meteorismo ruminale, comune nei bovini a molte svariate patologie, la bovina presentava perdite di sangue color nero, piceo, incoagulato dalle diverse aperture naturali (narici, bocca, ano, vulva), un sintomo considerato caratteristico e tipico della malattia del carbonchio ematico. Siccome la diagnosi eziologica16 ha bisogno della dimostrazione del bacillo appunto nel sangue, e dato che la manipolazione della carcassa, anche col massimo delle precauzioni igieniche, è potenzialmente molto pericolosa per gli operatori, come consigliato dai sacri testi, con Pierino prelevammo un orecchio dell’animale mediante un ferro rovente, quindi senza spargimento di sangue, e immediatamente lo inviammo al laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico, che confermò subito la diagnosi di sospetto. Causa della morte improvvisa della bovina era una setticemia da carbonchio ematico (il pericoloso “antrace”!). Dopo la immediata denuncia all’Ufficio Comunale e al Veterinario Provinciale, seguita dal sequestro e l’eliminazione della bovina con tutte le precauzioni igieniche del caso (fossa nel terreno, profonda oltre 2,5 metri, letto di calce spenta sotto la carcassa, manovrata da personale adeguatamente protetto, irrorata di disinfettante cresolico, ricoperta con calce e terra), sono scattate tutte le successive misure di ordine soprattutto clinico di mandria, per accertare se si fosse trattato di un caso isolato, o se si trattasse dell’inizio di un nuovo focolaio enzootico, (cioè diffusivo nell’azienda).
L’azienda Gerra, da cui proveniva la carcassa del povero animale, era un modello dal punto di vista agronomico-colturale e all’avanguardia per la moderna zootecnia da latte. Situata a ridosso dell’ampia golena del Po in una zona fertilissima, era condotta da allevatori appassionati e sagaci. Vi trovai subito la massima collaborazione nell’adottare tutte le misure immediate di controllo clinico di tutte le bovine presenti (circa 150 capi compresi, oltre alle vacche, tutti i soggetti giovani e i tori da riproduzione) in pratica cioè la misurazione della temperatura rettale due volte al giorno. Il rilievo di una ipertermia febbrile sarebbe stato il precoce segno dell’infezione setticemica. Il trattamento immediato con penicillina, allora elettivamente attiva sul Bacillus Anthracis, (che è anche causa di una pericolosa antropozoonosi) avrebbe consentito la guarigione dell’animale e lo spegnimento del focolaio. Con la collaborazione del personale, per 8 giorni di seguito – il periodo massimo di incubazione della malattia nei bovini – si fece due volte al giorno il prelievo della temperatura ai circa 150 bovini presenti, tutti di alta genealogia. E per fortuna non si rilevò più alcun caso di malattia. La zona rivierasca del Po era storicamente conosciuta come ricca dei cosiddetti “campi maledetti”, dove sporadicamente negli anni passati, a memoria d’uomo, si erano verificati casi di carbonchio ematico. Per questo, con decreto del Veterinario Provinciale, venne reso immediatamente obbligatorio il ricorso sistematico alla vaccinazione annuale anticarbonchiosa, estesa anche ad altri comuni contigui alla zona rivierasca del fiume Po. La campagna vaccinale venne portata avanti da allora ogni anno per circa 20 anni e poi definitivamente sospesa. Assai probabilmente quello da me allora osservato è stato l’ultimo caso di carbonchio clinico negli animali, registrato in provincia di Piacenza.
Ho ricordato il caso del carbonchio ematico, per la sua drammaticità, per l’atipica collaborazione del vecchio ed esperto macellaio, ma anche come dimostrazione dell’efficacia della condotta medico-veterinaria nella tutela preventiva della Sanità Pubblica.
NOTE
14 La “Bassa macelleria” era un servizio del Comune, previsto dal regolamento sulla Vigilanza delle carni, (legge del 30 dicembre 1928, n.3298) con lo scopo di tutelare il Consumatore dall’assunzione di alimenti potenzialmente pericolosi, nonché l’interesse degli allevatori, per consentire, senza pregiudizio per la salute pubblica, l’utilizzazione degli animali deceduti o macellati di necessità come carne per il consumo umano. Il Veterinario Condotto era il responsabile tecnico/sanitario dell’applicazione di questa legge.
15 Il carbonchio ematico (“antrace” è la denominazione più moderna) è una antica malattia infettiva – ne parla anche Virgilio nelle sue Georgiche – comune agli animali ed all’uomo, per i quali era sempre letale. La grave malattia è causata dal Bacillus anthracis, un germe gramnegativo aerobio, che si conserva e resiste molte decine d’anni nel terreno agrario sotto forma di spore. Quando per l’innalzamento della falda acquea oppure per opera di lombrichi le spore risalgono in superficie sul terreno, attraverso i foraggi (carbonchio di origine agrigena) possono venire assunte dagli erbivori, si rivitalizzano e causano una setticemia rapidamente mortale per l’animale, e spesso per la stessa mandria. Il pericolo per l’uomo è dato dalle manipolazioni cruente dell’animale malato e dal contatto con relativo sangue infetto. Ne deriva la “pustola carbonchiosa maligna”, seguita – in assenza di cure oggi possibili ed efficaci se tempestive – da setticemia rapidamente mortale. Negli anni 60 del secolo scorso era ancora una malattia professionale dell’uomo (agricoltori, operatori del settore delle carni, addetti alle concerie) ancora presente e temuta. Al tempo della “Guerra fredda” le spore del carbonchio ematico vennero proposte/ipotizzate (ed impiegate?) come potenziali agenti nella guerra batteriologica, del cui armamentario più o meno segreto fanno tuttora parte. 16 Diagnosi eziologica è l’identificazione della causa di una malattia.”
Quali sono i sintomi dell’antrace?
Prima di parlare di veri e propri sintomi connessi all’antrace è bene specificare che esistono tre forme di contagio: cutanea, polmonare e gastrointestinale.
Come già anticipato il batterio colpisce sia animali che l’uomo, quest’ultimo nel 95% dei casi per via cutanea. A oggi non esistono fortunatamente casi di trasmissione da uomo a uomo per via aerea, mentre rarissimi sono quelli per via cutanea.
Ma vediamo quali sono le differenze tra le tre forme di antrace:
- Cutanea, la più frequente, seppur risulti comunque rara. Questa viene contratta per contatto con la pelle di animali infetti o materiale contenente spore. In fase iniziale presenta piccole pustole pruriginose di colore scuro nell’area infetta, comparse dopo un paio di settimane dal contagio. Solo in seguito prende forma una sorta di estesa ulcera necrotica non dolorosa. Se trattata con terapia antibiotica il rischio di morte si annulla, in caso contrario il decesso si manifesta circa nel 20% dei casi
- Polmonare, rara e fatale se non trattata nei primissimi stadi. Si contrae per inalazione e i primi sintomi sono simili a quelli della normale influenza, con tosse, stanchezza e febbre. Nel momento della comparsa di reazioni più gravi ormai sarà troppo tardi per intervenire, in quanto le spore trasportate nei linfonodi mediastinici provocano proprio l’espansione del mediastino per l’elevato numero di batteri presenti, portando a difficoltà respiratorie, stato di shock e perdita di coscienza
- Gastrointestinale, rarissima e contratta per ingestione di carne infetta, provoca diarrea ed ematemesi. Senza un trattamento tempestivo la mortalità si presenta nel 65% dei casi.
Antrace e COVID-19: i punti in comune tra il batterio antrace e il virus SARS-CoV-2
Quando in questo periodo di pandemia si sente parlare di malattia trasmessa da animali all’uomo il pensiero non può che andare al virus SARS-CoV-2 causa del COVID-19. Sebbene manchino tutt’ora le conferme ufficiali, pare che questo virus sia arrivato dai pipistrelli all’uomo attraverso un altro animale, ancora non ben identificato.
È anche vero che sembrerebbe che gli animali che entrano in contatto con questo virus difficilmente sviluppino forme gravi, rimanendo per lo più asintomatici. Al contrario il batterio antrace quando colpisce un capo bovino può essere, ove non individuato prontamente, causa di morte, ma non solo, anche veicolo di contagio per tutti gli altri esemplari coi quali è venuto a contatto, oltre che per l’uomo.
Vaccino anticarbonchioso
Il vaccino anticarbonchioso, viene impiegato sia sui capi di bestiame che nell’essere umano, come prevenzione del batterio antrace Bacillus Anthracis.
Attualmente non è più uno di quelli obbligatori per i capi di bestiame, salvo particolari casistiche e aree dove la malattia si è manifestata maggiormente, oppure in presenza di casi di questa forma batterica. Allo stesso modo anche per l’uomo non è spesso impiegato, salvo per indurre l’immunità in soggetti che per professione possono essere esposti a questa patologia, oltre che nei militari.
Sono trascorsi 60 anni dal racconto menzionato all’inizio dell’articolo e per quanto riguarda la malattia in sé, attualmente non rappresenta più un problema né per gli animali, né tanto meno per l’uomo. Mondo animale e umano più volte hanno dimostrato di essere interconnessi tra loro, anche per quanto concerne gli aspetti sanitari, e l’attuale pandemia causata dal virus SARS-CoV-2 ne è l’ennesima dimostrazione.
Stai cercando maggiori informazioni?
Contattaci ora e uno dei nostri esperti ti risponderà nel più breve tempo possibile.